Marini, Marino (Pistoia, 1901 -
Viareggio/ LU, 1980).
Dal 1917 frequentò l'Accademia di Belle Arti di Firenze
seguendo corsi di pittura e incisione e dal 1922 quelli di scultura con
Domenico Trentacoste. Fin dagli anni giovanili mostrò interesse per le
avanguardie, in particolare per il dinamismo di Boccioni, per gli effetti
luministici del Postimpressionismo e per le sperimentazioni spazio-temporali di
Medardo Rosso, oltre che per le possibilità espressive della scultura antica
arcaica e medioevale, quest'ultima alla base della sua cultura figurativa,
formata sui monumenti romanici e gotici pistoiesi.
La predilezione per forme
arcaizzanti e scabre, oltre all'interesse per Masaccio e Piero della Francesca,
si manifestò infatti nelle opere pittoriche degli anni venti e trenta (Vergini, 1920 e.; Ritratto di Gisella, 1923; Ragazza
con fiore, 1926; Ragazza di Algeri,
1927; Giocoliere e Un'immagine, 1928). Dal 1926 si stabilì
a Firenze e aderì al gruppo del Novecento, col quale partecipò nel 1928 alla
mostra presso la Galleria Milano. Rimase ancora legato all'ambiente degli
artisti pistoiesi e fra loro si mise in luce alla Mostra Provinciale d'Arte di
Pistoia nel 1928 con alcune opere fra cui i ritratti di Costetti e della
duchessa Caracciolo. Nel 1927, alla Esposizione d'Arti Decorative di Monza,
conobbe Arturo Martini, che nel 1929 lo chiamò a succedergli nella cattedra di
Scultura presso la Scuola d'Arte di Monza, dove Marini avrà studio e insegnerà
fino al 1940: dal 1930 fino al 1948 infatti l'attività plastica divenne
prevalente e la grafica fu soltanto un supporto di studio e progetto per le
opere di scultura. Nel 1929 partecipò alla II Mostra Regionale d'Arte a Firenze
e alla II Mostra del Novecento Italiano a Milano, e durante un viaggio a Parigi
conobbe de Pisis, Picasso, Maillol, Lipchitz, Braque e Laurens. Da questa
esperienza trasse un arricchimento cromatico e un influsso della pittura di
Cézanne (Parigi, 1929-30; Paesaggio Bretone, 1930).
Nel 1932 tenne
la sua prima personale alla Galleria Milano. Contemporaneamente
all'insegnamento, negli anni trenta fece molti viaggi in Francia, Olanda,
Germania - dove rimase colpito dalle sculture equestri delle cattedrali di
Francoforte, Norimberga e Bamberga -, Inghilterra, Belgio, Austria e più volte
a Parigi, dove conobbe Tanguy, de Chirico, Kandinskij, Campigli; prese parte
alle Biennali di Venezia, alle Triennali di Milano e alle Quadriennali di Roma,
dove si affermò nel 1931 e ottenne il Gran Premio per la scultura nel 1935. E
in questi anni inoltre che si definirono alcuni temi tipici della sua scultura:
il cavaliere, il gentiluomo a cavallo, il pellegrino e la pomona.
Nel 1940
passò all'insegnamento nelle Accademie Nazionali, prima a Torino e poi a
Milano, da dove fuggì nel 1942 dopo che la sua casa e lo studio vennero
bombardati, con la perdita di quasi tutte le opere del periodo giovanile. Si
ritirò allora in Svizzera presso la famiglia della moglie, Mercedes Pedrazzini
detta Marina, dove conobbe Giacometti, Wotruba, Banninger, Hubacher, Haller,
Richier, e dove riprese a lavorare e a esporre. Tornò a Milano e
all'insegnamento a Brera nel 1946, anno in cui sviluppò il tema dei cavalieri
eroici e iniziò quello della danzatrice. Nel 1948 alla Biennale di Venezia
incontrò Henri Moore, che frequenterà d'allora in poi anche durante i soggiorni
estivi a Forte dei Marmi. Nello stesso anno conobbe il mercante
tedesco-americano Curt Valentin, che gli organizzò nel 1950 la prima mostra a
New York.
In America conobbe Beckmann, Arp, Feininger, Calder, Dalì e
Strawinskij, di cui fece il ritratto. Nel 1952 ebbe il Gran Premio per la
scultura alla Biennale di Venezia. Nel 1954, alla morte di Valentin, Pierre
Matisse diventò il suo nuovo mercante. In questo decennio si rompe l'equilibrio
statico delle sue figure e il tema eroico del cavaliere si evolve nelle composizioni
tragiche di Miracolo, Guerriero, Grido, per poi trapassare negli anni sessanta nelle Forme.
Dal 1948 aveva ripreso l'attività
pittorica con svolgimento autonomo in grandi dipinti: dopo un periodo di
ricerca di sintesi tra forma plastica e colore, il processo si risolse a favore
di quest'ultimo, trattato a violenti intarsi, e si riaffermò una struttura
salda e architettonica delle figure, con nudi, giocolieri, cavalieri. Fra le
tante esposizioni a cui partecipò in questi anni si ricordano quelle di Zurigo
(1962), Roma (1966) e in Giappone (1978). Le sue opere sono presenti nei musei
di tutto il mondo, ma raccolte particolari sono conservate alla Galleria Civica
d'Arte Moderna di Milano (dal 1973), al Centro di Documentazione Marino Marini
di Pistoia (dal 1979) e al Museo Marini di Firenze (dal 1988), che accoglie
anche suoi dipinti giovanili.
Lia Bernini in La pittura in Italia. Il Novecento
(1900-1945), Milano, 1997.